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Nel decimo anniversario dalla scomparsa del Fondatore della Città dei Ragazzi di Roma
LETTERA A MONSIGNORE
di Roberto Cosentino (roberto.cosentino@aiex.it)
Caro Monsignore,
te ne andasti dieci anni fa, senza dire niente, senza farlo sapere, proprio come quando partivi per i tuoi numerosi ed improvvisi viaggi. Sparivi così, d’incanto e ricomparivi, quasi a voler sublimare una sorta di ubiquità che era più reale di quanto sia possibile immaginare!
Tu e la “tua America” che ti prendeva spesso a noi salvo restituirti con uno dei tuoi sorrisi più belli!
Partivi e ricomparivi, spesso non avevamo il tempo di abituarci, ma non che fossimo particolarmente angosciati della tua assenza. Restavamo soli, proprio come quei ragazzini che restano in casa quando i genitori sono via e si sentono per un po’ di tempo liberi, padroni del mondo; così noi approfittavamo per qualche marachella, ma nulla di più, tant’è che entrando nel tuo studio senza essere accolti dai tuoi “oh, oh” ci rattristava quasi. E tristi lo eravamo anche quando non ti incontravamo lungo i viali e tu, con il tuo pugno chiuso sul nostro petto, ci trasmettevi in pochi attimi, il vero senso della vita!
Te ne sei andato per il mondo, ma non per il tuo mondo né per quelle cose che appartengono a noi tutti, quelle cose grandi, immense che tu hai costruito giorno per giorno, utilizzando le nostre anime e le nostre vite come mattoni di una struttura solidissima e indistruttibile; cose grandi come le stelle del firmamento che hai voluto un giorno si accendessero per ogni lacrima asciugata ad un bambino.
Te ne sei andato per la notte e il giorno, per il sole e la luna; te ne sei andato per questo mondo imbarbarito e sempre più povero di quelle cose che tu insegnavi e donavi. Senza ritorno alcuno!
Ma non temere Monsignò! La luna e le stelle e il sole, il vento e l’aria e il cielo azzurro ti accarezzano sempre: essi aleggiano su di te perché gli abbiamo detto di unirsi a noi e proteggerti là, nell’aiuola dove riposi, accanto alla tua Chiesa.
E non sei mai scomparso nemmeno per noi, nemmeno per uno soltanto dei tuoi ragazzi! La tua presenza è più viva che mai e seppur una sorta di nebbia, di infinito oscuro e nebuloso ci hanno scosso un attimo, l’oblio è stato sconfitto e la tua presenza è più che mai viva.
Non c’è riunione, cena, convivio senza di te, quasi con una tenera invadenza. La tua sedia è la, in mezzo a noi e le nostre chiacchiere sono il frutto di ogni istante vissuto con te.
Caro Monsignore, quello che oggi facciamo nel segno del tuo nome è quanto di più possa gratificarci.
Vorremmo soltanto che tu fossi qui!
Ma ci sei!
Roma, 27/06/2011